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madre terra comincia a stancarsi di noi
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madre terra comincia a stancarsi di noi
SYDNEY - Continua ad avvicinarsi all'Australia l'iceberg gigante, grande come Bologna, individuato giorni fa da immagini satellitari 1.700 km a sud ovest del continente, e le autorità australiane hanno lanciato oggi un allerta alla navigazione. L'ufficio di meteorologia ha indicato che il mostro di ghiaccio, staccatosi circa 10 anni fa dalla banchina antartica e grande all'epoca circa 400 km2, misura ora 140 Km2 per una lunghezza di 19 km e si sta lentamente rompendo in centinaia di iceberg più piccoli e meno visibili, pericolosi per la navigazione.
Gli scienziati stimano che l'iceberg, conosciuto come B17B, finirà per disciogliersi quando entrerà in acque più calde. Secondo il glaciologo australiano Neal Young, che l'ha scoperto grazie alle immagini provenienti da satelliti della Nasa e dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), il riscaldamento climatico potrebbe provocare l'aumento di questi fenomeni. Non mi viene in mente di un simile iceberg dall'era delle grandi navigazioni, ha detto. Il mese scorso una flotta di centinaia di iceberg staccatisi dall'Antartide era stata individuata a circa 450 km dalla Nuova Zelanda, allertando le autorità marittime locali.
Sembra che la terra si sia stancata di ospitarci sul suo suolo che abbiamo opportunamente deturpato con il nostro modo di vivere e lavorare . Chissà come andrà a finire ......
Gli scienziati stimano che l'iceberg, conosciuto come B17B, finirà per disciogliersi quando entrerà in acque più calde. Secondo il glaciologo australiano Neal Young, che l'ha scoperto grazie alle immagini provenienti da satelliti della Nasa e dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), il riscaldamento climatico potrebbe provocare l'aumento di questi fenomeni. Non mi viene in mente di un simile iceberg dall'era delle grandi navigazioni, ha detto. Il mese scorso una flotta di centinaia di iceberg staccatisi dall'Antartide era stata individuata a circa 450 km dalla Nuova Zelanda, allertando le autorità marittime locali.
Sembra che la terra si sia stancata di ospitarci sul suo suolo che abbiamo opportunamente deturpato con il nostro modo di vivere e lavorare . Chissà come andrà a finire ......
gabriel- Numero di messaggi : 1587
Data d'iscrizione : 29.04.09
Età : 52
Località : nato a Torino ma vivo a Modena
Re: madre terra comincia a stancarsi di noi
Caro Gabriel, io ci credo nella fine del mondo e spero di preparare al meglio il mio cuore ogni giorno all'incontro con l'Assoluto...speriamo mi perdoni di tutte le mie mancanze!
priscilla- Numero di messaggi : 1209
Data d'iscrizione : 23.05.09
Età : 47
Località : torino
madre terra...
priscilla ha scritto:Caro Gabriel, io ci credo nella fine del mondo e spero di preparare al meglio il mio cuore ogni giorno all'incontro con l'Assoluto...speriamo mi perdoni di tutte le mie mancanze!
Cara Priscilla
io non credo che sia tu che ognuno di noi abbia delle mancanze , non credo ci sia un tribunale che dice cosa hai sbagliato o cosa hai fatto giusto , ma solo un modo di vivere diverso del nostro spirito . Sicuramente avremo modo di trascorrere un tempo infinito come energia consapevole che fluttua nell'infinito crescendo ogni secondo in consapevolezza e se Dio vorrà torneremo a rinascere...
Baci
gabriel- Numero di messaggi : 1587
Data d'iscrizione : 29.04.09
Età : 52
Località : nato a Torino ma vivo a Modena
Re: madre terra comincia a stancarsi di noi
Credo anch'io che se non ci diamo una mossa la terra, oltre che stancarsi, ci butterà fuori!!!!
Ma non mi voglio angosciare,cerco di continuare a vivere e, nel mio piccolo, di inquinare il meno possibile, di sprecare meno acqua possibile etc.....
C'è stato un periodo in cui il problema madre terra non mi lasciva riposare sonni tranquilli, ora lo stesso ho paura di quel che accadrà domani o fra qualche anno ma mi ripeto che in un modo o nell'altro dovrò morire ma confido nella vita che verrà e spero toccherà vivere anche a me....................Rosa
Ma non mi voglio angosciare,cerco di continuare a vivere e, nel mio piccolo, di inquinare il meno possibile, di sprecare meno acqua possibile etc.....
C'è stato un periodo in cui il problema madre terra non mi lasciva riposare sonni tranquilli, ora lo stesso ho paura di quel che accadrà domani o fra qualche anno ma mi ripeto che in un modo o nell'altro dovrò morire ma confido nella vita che verrà e spero toccherà vivere anche a me....................Rosa
mrs_holmes- Numero di messaggi : 840
Data d'iscrizione : 17.02.09
Età : 54
dopo 187 anni .....
MILANO - Ghiaccio e fuoco insieme: allarme, molta paura ma nessun danno. L'eruzione nella notte di un vulcano nei pressi del ghiacciaio Eyjafallajokull nel sud dell'Islanda alla fine è stato soprattutto uno straordinario spettacolo della natura e un evento storico, perchè sebbene la regione non sia estranea al fenomeno geologico, questo cratere non eruttava da circa 200 anni.
EMERGENZA A MEZZANOTTE - Il vulcano è entrato in eruzione intorno a mezzanotte ed è immediatamente scattato il piano di emergenza: circa 600 persone sono state evacuate, sono stati deviati voli in arrivo e in partenza, molte strade sono state chiuse e le autorità hanno proclamato lo stato di emergenza. Immagini suggestive hanno fatto il giro del mondo: dalla bocca del vulcano la lava incandescente colava solcando il ghiaccio per oltre un chilometro e dalla distesa bianca si alzavano fiamme e zampilli.
EVACUAZIONE RIUSCITA - «L'evacuazione è andata bene», ha riferito il capo della polizia locale Kjartan Thorkelsson precisando che non vi sono indicazioni di pericolo immediato per la popolazione. La zona è scarsamente popolata, ma è frequentata da scalatori e appassionati di ghiacciai. Alcuni voli da e per l'Islanda sono stati cancellati a titolo preventivo nel timore che la nuvola di cenere e fumo che si è alzata dal vulcano potesse interferire con le operazioni di navigazione. Come conseguenza, circa 1.300 viaggiatori sono rimasti bloccati tra gli aeroporti islandesi e quelli di partenza. Le autorità hanno tuttavia comunicato che i voli sarebbero ripresi entro la serata, mentre le strade lungo la costa meridionale del Paese sono state già riaperte al traffico.
SOTTO OSSERVAZIONE - L'attenzione rimane comunque alta: stando ad esperti, non è escluso che l'attività vulcanica prosegua già nell'immediato visto anche come in passato le eruzioni presso il ghiacciaio di Eyjafjallajokull precedessero di poco un più intenso risveglio del vicino vulcano Katla. «Sappiamo che un'eruzione ad Eyjafjallajokull può innescare l'attività del vulcano Katla», ha detto alla tv islandese il geofisico Pall Einarsson, sottolineando che in tal caso il fenomeno sarebbe di entità decisamente maggiore. L'ultima sua eruzione risale al 1981, mentre era dal 1821 che Eyjafjallajokull era considerato dormiente.
EMERGENZA A MEZZANOTTE - Il vulcano è entrato in eruzione intorno a mezzanotte ed è immediatamente scattato il piano di emergenza: circa 600 persone sono state evacuate, sono stati deviati voli in arrivo e in partenza, molte strade sono state chiuse e le autorità hanno proclamato lo stato di emergenza. Immagini suggestive hanno fatto il giro del mondo: dalla bocca del vulcano la lava incandescente colava solcando il ghiaccio per oltre un chilometro e dalla distesa bianca si alzavano fiamme e zampilli.
EVACUAZIONE RIUSCITA - «L'evacuazione è andata bene», ha riferito il capo della polizia locale Kjartan Thorkelsson precisando che non vi sono indicazioni di pericolo immediato per la popolazione. La zona è scarsamente popolata, ma è frequentata da scalatori e appassionati di ghiacciai. Alcuni voli da e per l'Islanda sono stati cancellati a titolo preventivo nel timore che la nuvola di cenere e fumo che si è alzata dal vulcano potesse interferire con le operazioni di navigazione. Come conseguenza, circa 1.300 viaggiatori sono rimasti bloccati tra gli aeroporti islandesi e quelli di partenza. Le autorità hanno tuttavia comunicato che i voli sarebbero ripresi entro la serata, mentre le strade lungo la costa meridionale del Paese sono state già riaperte al traffico.
SOTTO OSSERVAZIONE - L'attenzione rimane comunque alta: stando ad esperti, non è escluso che l'attività vulcanica prosegua già nell'immediato visto anche come in passato le eruzioni presso il ghiacciaio di Eyjafjallajokull precedessero di poco un più intenso risveglio del vicino vulcano Katla. «Sappiamo che un'eruzione ad Eyjafjallajokull può innescare l'attività del vulcano Katla», ha detto alla tv islandese il geofisico Pall Einarsson, sottolineando che in tal caso il fenomeno sarebbe di entità decisamente maggiore. L'ultima sua eruzione risale al 1981, mentre era dal 1821 che Eyjafjallajokull era considerato dormiente.
gabriel- Numero di messaggi : 1587
Data d'iscrizione : 29.04.09
Età : 52
Località : nato a Torino ma vivo a Modena
presto dovremmo trovarci un altro.....
Presto dovremmo trovarci un altro pianeta da abitare , questo lo stiamo smerdando ...
Siamo messi proprio bene come spazzatura ...non solo Napoli ...
Anche l'Atlantico — come l'oceano Pacifico — ha la sua discarica flottante, in cui la plastica regna sovrana. Lo ha annunciato Kara Lavender Law, oceanografa di Sea Education Association, nel corso del recente «Ocean Science Meeting» organizzato dall'American Geophysical Union. «L'isola dei rifiuti si trova in un'area che corrisponde all'incirca al Mar dei Sargassi— ha raccontato la Lavender —, dove sono presenti correnti superficiali con una velocità di meno di due centimetri al secondo. Qui, tra il 1986 e il 2008, abbiamo raccolto circa 64.000 pezzi di plastica, che misurano mediamente meno di un centimetro e pesano meno di 0,15 grammi, nel corso di oltre 6.000 “pescate” con particolari reti a strascico a maglie fini».
Non sono ancora chiare le dimensioni di questa nuova discarica oceanica che, seconda la ricercatrice americana, può essere paragonata come fenomeno e come concentrazione di frammenti di plastica (mediamente circa 20.000 per chilometro quadrato, con punte di 200.000) a quella più famosa e studiata presente nel Pacifico. La Grande Chiazza di Rifiuti del Pacifico (Great Pacific Garbage Patch), la cui dimensione viene stimata da 700.000 kmq a 15.000.000 chilometri quadrati da circa lo 0,41% all'8,1% dell'area dell'oceano Pacifico), si è formata negli anni Cinquanta ed è continuamente alimentata dagli scarti che provengono per il 20% da navi e dalle piattaforme petrolifere e per l'80% direttamente dalla terraferma. Ad «assemblarla», il North Pacific Gyre (Vortice del Nord Pacifico), un sistema formato da quattro correnti oceaniche. Le due gigantesche discariche, quella atlantica e quella pacifica, sono formate principalmente da monofilamenti di plastiche e da fibre di polimeri che si inabissano dalla superficie sino a circa 10 metri di profondità. In realtà le discariche oceaniche potrebbero essere molte di più. «Le simulazioni al computer — ha sottolineato Nikolai Maximenko dell'Università delle Hawaii nel corso dell'Ocean Science Meeting — segnalano a rischio due aree vicino al Sud America, una in prossimità del Cile e l'altra tra Argentina e Sud Africa.
Purtroppo non si hanno molte notizie: sia gli scienziati che i pescatori non frequentano abitualmente queste zone, in quanto poco produttive». La scia di spazzatura è traslucida e non è quindi possibile localizzarla dai satelliti. L'unico modo per studiarla è direttamente da un'imbarcazione. «La plastica — sottolinea Roberto Danovaro, docente del Dipartimento Scienze del Mare dell'Università Politecnica delle Marche — oltre a causare danni diretti per ingestione a delfini, tartarughe e altri grandi animali, frammentandosi viene ingerita da moltissimi organismi marini filtratori». Pericolosi composti, come per esempio i policlorobifenili, possono entrare così nella catena alimentare e da qui raggiungere l'uomo. «Nel Mediterraneo — continua Danovaro — la presenza di plastica è decisamente diminuita in questi anni, così come quella di catrame e di piombo negli organismi marini, grazie alle normative che regolano la materia e alla severità dei controlli ambientali». Attualmente vengono prodotti al mondo, ogni anno, circa 250 milioni di tonnellate di plastica e meno del 5% viene riciclata. L'unico modo per diminuire la dimensione delle discariche oceaniche, segnalano gli esperti, è quello di aumentare il riutilizzo di questo materiale.
Siamo messi proprio bene come spazzatura ...non solo Napoli ...
Anche l'Atlantico — come l'oceano Pacifico — ha la sua discarica flottante, in cui la plastica regna sovrana. Lo ha annunciato Kara Lavender Law, oceanografa di Sea Education Association, nel corso del recente «Ocean Science Meeting» organizzato dall'American Geophysical Union. «L'isola dei rifiuti si trova in un'area che corrisponde all'incirca al Mar dei Sargassi— ha raccontato la Lavender —, dove sono presenti correnti superficiali con una velocità di meno di due centimetri al secondo. Qui, tra il 1986 e il 2008, abbiamo raccolto circa 64.000 pezzi di plastica, che misurano mediamente meno di un centimetro e pesano meno di 0,15 grammi, nel corso di oltre 6.000 “pescate” con particolari reti a strascico a maglie fini».
Non sono ancora chiare le dimensioni di questa nuova discarica oceanica che, seconda la ricercatrice americana, può essere paragonata come fenomeno e come concentrazione di frammenti di plastica (mediamente circa 20.000 per chilometro quadrato, con punte di 200.000) a quella più famosa e studiata presente nel Pacifico. La Grande Chiazza di Rifiuti del Pacifico (Great Pacific Garbage Patch), la cui dimensione viene stimata da 700.000 kmq a 15.000.000 chilometri quadrati da circa lo 0,41% all'8,1% dell'area dell'oceano Pacifico), si è formata negli anni Cinquanta ed è continuamente alimentata dagli scarti che provengono per il 20% da navi e dalle piattaforme petrolifere e per l'80% direttamente dalla terraferma. Ad «assemblarla», il North Pacific Gyre (Vortice del Nord Pacifico), un sistema formato da quattro correnti oceaniche. Le due gigantesche discariche, quella atlantica e quella pacifica, sono formate principalmente da monofilamenti di plastiche e da fibre di polimeri che si inabissano dalla superficie sino a circa 10 metri di profondità. In realtà le discariche oceaniche potrebbero essere molte di più. «Le simulazioni al computer — ha sottolineato Nikolai Maximenko dell'Università delle Hawaii nel corso dell'Ocean Science Meeting — segnalano a rischio due aree vicino al Sud America, una in prossimità del Cile e l'altra tra Argentina e Sud Africa.
Purtroppo non si hanno molte notizie: sia gli scienziati che i pescatori non frequentano abitualmente queste zone, in quanto poco produttive». La scia di spazzatura è traslucida e non è quindi possibile localizzarla dai satelliti. L'unico modo per studiarla è direttamente da un'imbarcazione. «La plastica — sottolinea Roberto Danovaro, docente del Dipartimento Scienze del Mare dell'Università Politecnica delle Marche — oltre a causare danni diretti per ingestione a delfini, tartarughe e altri grandi animali, frammentandosi viene ingerita da moltissimi organismi marini filtratori». Pericolosi composti, come per esempio i policlorobifenili, possono entrare così nella catena alimentare e da qui raggiungere l'uomo. «Nel Mediterraneo — continua Danovaro — la presenza di plastica è decisamente diminuita in questi anni, così come quella di catrame e di piombo negli organismi marini, grazie alle normative che regolano la materia e alla severità dei controlli ambientali». Attualmente vengono prodotti al mondo, ogni anno, circa 250 milioni di tonnellate di plastica e meno del 5% viene riciclata. L'unico modo per diminuire la dimensione delle discariche oceaniche, segnalano gli esperti, è quello di aumentare il riutilizzo di questo materiale.
gabriel- Numero di messaggi : 1587
Data d'iscrizione : 29.04.09
Età : 52
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